Lettera al Vescovo Moscone, di Raniero La Valle

Pubblichiamo di seguito una lettera rivolta, prima di tutti, al nostro Pastore, padre Franco Moscone.
L’autore, Raniero La Valle, colpito dalla franchezza del suo recente intervento contro la guerra al convegno di Brindisi, ha riconosciuto in quelle parole un’autentica testimonianza di parresia evangelica, e ha voluto affidargli per primo questo scritto, dal titolo volutamente provocatorio: “Magari fosse un genocidio”.

Non è una lettera politica, né ideologica. È piuttosto un grido dell’anima, un’appassionata riflessione su ciò che oggi, sotto i nostri occhi, rischia di essere cancellato: non solo un popolo o un diritto, ma l’umano stesso.
Un appello, dunque, che chiede di essere ascoltato come voce di coscienza e di resistenza morale, al di là delle appartenenze e delle bandiere.

La pubblichiamo, grazie alla condivisione del nostro Vescovo, perché sentiamo che interpella tutti, e ci riguarda da vicino.

MAGARI FOSSE UN GENOCIDIO

 

Cari Amici,
magari fosse un genocidio. Un genocidio, nel perseguire l’intenzione di distruggere un gruppo umano come tale, può anche limitarsi a colpire alcuni membri o una parte del gruppo, e forse potrebbe anche fermarsi a centomila morti; inoltre il gruppo che si vuole distruggere è pur sempre un gruppo umano, che però non si vuole continui a far parte della comune umanità.
Qui invece siamo a una destituzione dall’umano.  Ha detto alla stampa, così che tutti lo sapessero, l’ex ministro della guerra di Netanyahu: combattiamo contro animali umani. Ha detto alla stampa, così che tutti lo sappiano, l’attuale ministro della Guerra di Netanyahu: mettiamo 600.000 Palestinesi sfollati ad al Mawasi in un serraglio chiamato “città umanitaria” da costruire sulle rovine di Rafah, e concentriamo poi l’intera popolazione palestinese nel sud della Striscia di Gaza, da dove non potrà uscire.
L’amena bellezza del mare di Gaza ha ispirato ai padroni del futuro l’idea di una ridente Riviera del Mediterraneo. A quanti sono informati sul presente essa fa venire in mente piuttosto la tonnara, quella “camera della morte” in cui i tonni vengono spinti e ammassati dai tonnaroli, che all’ordine del Rais li arpionano e ne compiono la mattanza.
Questo progetto che comporta il concorso strutturato e complice di più protagonisti, viene chiamato pace, e il suo esecutore che dalla tribuna dell’ONU già aveva dispensato benedizioni e maledizioni, oggi vuole attribuire al suo più alto Patrono il premio Nobel per la pace, essendo appunto la pace il nuovo nome dell’annientamento.
Fin qui le notizie, le news. Ma oltre l’obiettività dell’informazione, c’è il messaggio che ne proviene. Ed è che qui non è più questione dei Palestinesi, degli Israeliani, dei Russi o degli Ucraini, dell’Iran o dell’America; qui siamo alla perdita dell’ultima dignità dell’umano, a quella soglia oltre la quale l’umano non è più umano. È questa la prova estrema di fronte a cui si trovano oggi il glorioso Occidente, le cosiddette autocrazie, i Paesi arabi, l’Europa che riarma. Ma nessuno corre a presidiare questa soglia, forse nessuno di questi lo può fare.
Allora dovrebbe essere l’umanità stessa in qualche sua apicale espressione a farlo, qualcuno che vada lì non per sé, non per i suoi, non per i Palestinesi, non per gli Ebrei, ma per questa umanità che si spegne, che ancora ne faccia echeggiare la voce.
Potrebbe essere il segretario generale delle Nazioni “Unite”, se il loro Patto non fosse stato passato al tritacarta in piena Assemblea generale a New York. Potrebbe allora forse essere un Papa, ma non come voce di parte in nome della sua Chiesa, perché nessuno se ne adonti; dopo papa Francesco il popolo di Dio che fino ad allora era stato ristretto a una Chiesa, è stato identificato con l’umanità tutta intera.
A questo titolo il Papa potrebbe raggiungere Rafah, affacciarsi su quella soglia dell’ignoto, e tutti potremmo seguirlo. Sarebbe la sua Lampedusa o la sua Lesbo, la sua lavanda dei piedi ai circoncisi e agli incirconcisi, la sua “Fratres omnes”, e perché no, dato che si chiama Leone, potrebbe essere la sua Mantova.
Se questo avverrà, anche l’Ucraina seguirà.
Con i più cordiali saluti,
P.S. Chi è d’accordo, come crede lo faccia sapere.
da “Prima Loro” (Raniero La Valle).