ARCIDIOCESI DI MANFREDONIA – VIESTE – SAN GIOVANNI ROTONDO
SINTESI DELLA FASE PROFETICA DIOCESANA
Il lavoro di discernimento per la Sintesi della Fase Profetica diocesana è stato realizzato seguendo la scheda n°7 Formazione sinodale, comunitaria e condivisa. L’Equipe sinodale diocesana ha fatto questa scelta perché intercetta, in maniera rilevante, molte delle dinamiche vissute durante gli anni del cammino sinodale. Gli organismi coinvolti sono stati il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale Diocesano, la Consulta delle Aggregazioni Laicali oltre all’Equipe diocesana per il Sinodo, che ha avuto modo di far convergere nella sintesi anche le intuizioni delle sfide pastorali vissute in questi ultimi quattro anni nell’Arcidiocesi.
La convinzione di fondo maturata in quest’ultimo periodo è: per rispondere alle sfide della Chiesa di oggi, la formazione deve essere profondamente missionaria, sinodale e incarnata nella vita concreta delle comunità. Essa non si può limitare alla trasmissione di contenuti, ma deve diventare uno stile di vita che promuove l’incontro, il discernimento, la condivisione e la partecipazione. L’obiettivo finale è formare il Popolo di Dio alla missionarietà e sinodalità rendendolo capace di testimoniare la fede nei multiformi contesti della società del nostro tempo.
A livello di Chiesa locale (Diocesi)
- Quali scelte sono rilevanti e possibili per la nostra Chiesa locale tra quelle proposte?
- Garantire una formazione continua per gli operatori pastorali.
- Superare il modello scolastico nella catechesi, favorendo una formazione più esperienziale e comunitaria.
- Creare reti di collaborazione tra parrocchie, aggregazioni ecclesiali e laiche per favorire il dialogo e il discernimento comunitario.
- Istituire un Servizio diocesano per la formazione permanente, per rendere più strutturata e coordinata la formazione.
- Promuovere un approccio missionario al fine di coinvolgere, almeno in alcuni temi e scelte, anche coloro che non frequentano abitualmente la Chiesa.
La formazione missionaria dei battezzati alla vita e alla fede rappresenta il cuore del rinnovamento pastorale. Essa deve sostenere i battezzati, in particolare il laicato, affinché diventi missionario nei luoghi della propria vita quotidiana: famiglia, lavoro, scuola, associazionismo, economia, politica e società in genere. La missionarietà stessa diventa criterio di verifica dell’efficacia della formazione: ogni percorso formativo deve interrogarsi su quanto abiliti concretamente le persone a vivere, testimoniare e annunciare il Vangelo.
- Come procedere per renderle operative?
- Strutturare percorsi formativi unitari a partire dall’ascolto delle esigenze delle comunità.
- Integrare la sinodalità nella formazione attraverso esperienze come le Conversazioni dello Spirito e altri metodi di discernimento comunitario.
- Programmare momenti di verifica e aggiornamento per accompagnare il cambiamento, coinvolgendo tutte le componenti ecclesiali.
- Favorire una corresponsabilità tra laici, ministri ordinati e religiosi/e per evitare settorializzazioni e frammentazioni.
La formazione non può coinvolgere solo alcuni ma tutta la comunità ecclesiale. Per questo, è necessario prevedere momenti condivisi di formazione tra ministri ordinati, religiosi/e e laici, affinché si sviluppi una vera corresponsabilità nella missione evangelizzatrice della Chiesa.
- Quali scelte mettere in atto per la conversione personale e comunitaria?
- Superare la mentalità secondo cui chi si avvicina o ha compiuto un percorso di catechesi abbia già ricevuto il primo annuncio.
- Incentivare un cambio di paradigma nella formazione, non solo come trasmissione di contenuti, ma come esperienza di vita ecclesiale condivisa ed incarnata nella fraternità e nel servizio.
- Formare persone capaci di abitare le sfide della contemporaneità con un atteggiamento di dialogo umile e amorevole.
Senza trascurare l’attenzione verso i più piccoli, è fondamentale progettare e realizzare itinerari formativi rivolti in modo prioritario ad adulti e giovani. Occorre superare un impianto pastorale centrato quasi esclusivamente sui bambini e i ragazzi, per promuovere percorsi che accompagnino le persone in tutte le fasi della loro vita e della loro crescita nella fede.
- Per la conversione delle strutture ecclesiali?
- Ripensare i tempi della vita comunitaria e della formazione, adattandoli ai ritmi della vita quotidiana delle persone.
- Rendere la parrocchia la regista della formazione, in dialogo con Uffici, aggregazioni laicali e le altre realtà ecclesiali e sociali.
- Superare la frammentazione tra i settori pastorali, favorendo una maggiore comunicazione tra di essi, per meglio valorizzare le diverse risorse formative.
- Per il rinnovamento dei processi formativi?
- Costruire una formazione sinodale, missionaria e incarnata, basata sullo stile di Cristo.
- Integrare nel percorso formativo momenti di esperienza comunitaria, momenti di servizio e discernimento spirituale e confronto con la realtà sociale del territorio.
- Rafforzare il ruolo di ogni operatore pastorale come vocazione riconosciuta all’interno della Chiesa.
- Quali altre scelte su questo tema possono essere fatte dalla nostra Diocesi e dalle altre Diocesi italiane per attuare la conversione sinodale e missionaria?
- Avviare percorsi di formazione congiunti tra diverse Diocesi per una maggiore condivisione di esperienze e risorse (cf. il modello di Formazione triennale svoltosi in Puglia, Parrocchie sinodali e missionarie, organizzato dall’Istituto Pastorale Pugliese – IPP)
- Sperimentare nuovi modelli di annuncio e catechesi, aprendosi alle esigenze delle persone lontane dalla Chiesa.
- Favorire le esperienze di servizio come luogo di formazione riconoscendo che il vero apprendimento avviene nell’incontro con l’altro. Educare al servizio significa formare persone capaci di empatia, responsabilità e impegno sociale, in grado di trasformare il bene fatto agli altri in crescita personale e collettiva.
- Rafforzare il discernimento comunitario, affinché sia una prassi ordinaria nei percorsi formativi.
- Quali sono le risorse (persone, esperienze, strutture, associazioni, organizzazioni, aggregazioni, movimenti, ecc.) su cui possiamo contare?
- Laici impegnati, associazioni e movimenti ecclesiali che possono contribuire alla formazione. Nella nostra diocesi è rilevante l’apporto formativo dell’Azione Cattolica Italiana, capillarmente presente in buona parte delle realtà ecclesiali.
- Esperienze di formazione (cf. il già citato Corso di Formazione triennale organizzato dall’IPP) già attive e che possono essere potenziate e condivise.
- Opere segno, diocesane e parrocchiali, che possono diventare luoghi di formazione permanente.
- Quali resistenze (culturali, di alcune persone, di strutture) dobbiamo tenere presenti? Come possiamo affrontarle?
- La resistenza al cambiamento di metodi e linguaggi nella catechesi e l’apatia si possono affrontare tentando di promuovere esperienze pilota e momenti di confronto.
- Affrontare gli ostacoli attraverso incontri di sensibilizzazione e formazione che chiariscano i benefici del cambiamento, cercando di costruire fiducia.
- Incentivare un lavoro di rete e corresponsabilità per evitare il rischio di frammentazione tra i diversi settori pastorali.
- Adottare nuove strategie di annuncio e testimonianza per combattere la difficoltà a raggiungere chi è distante dalla fede.
- A quali Uffici diocesani e altri soggetti ecclesiali affidare queste proposte, anche in una prospettiva di co-progettazione?
- A tutti gli Uffici diocesani, creando sinergie tra loro in base alla sfida pastorale che si vuole affrontare;
- USMI e CISM;
- Le Aggregazioni Laicali;
- Coinvolgimento diretto delle Parrocchie.
- Possiamo comunicare un’esperienza positiva utile anche per altre Chiese locali?
- L’adozione delle Conversazioni dello Spirito come metodo di discernimento.
- Le passeggiate sinodali del Vescovo tra la gente, negli ambienti di lavoro, nelle scuole, per le strade, in uscita.
- La sperimentazione di nuovi modelli catechistici più esperienziali e comunitari.
- La creazione di reti di collaborazione tra Diocesi per la formazione condivisa.
- L’esperienza formativa triennale e regionale – proposta dall’Istituto Pastorale Pugliese e a cui abbiamo fatto spesso riferimento – ha delle caratteristiche che possono essere utili per una svolta formativa: dedicare un tempo disteso alla formazione, viverla in un luogo idoneo, coinvolgere tutti alla stessa maniera (laici, ministri ordinati e religiosi/e), aiutare ciascuno ad entrare nelle dinamiche formative con tutte le dimensioni dei vissuti, mettere tutti nelle condizioni di poter condividere amichevolmente, accompagnare e stimolare una riflessione sulle esperienze ecclesiali, fornire contributi vari per una rilettura critica e teologica, vivere l’intero percorso del discernimento: dall’ascolto dei racconti all’individuazione comunitaria di scelte possibili per il rinnovamento e la conversione.
A livello di raggruppamenti di Chiese (nazionale e/o regionale)
- Quali decisioni tra quelle proposte auspichiamo che possano essere prese insieme dai Vescovi italiani?
- Si possono condividere le esperienze di formazione riuscite, come gli incontri di discernimento “le Conversazioni dello Spirito”;
- La promozione di un modello formativo sinodale e missionario a livello nazionale come supporto alle Diocesi.
- L’istituzione di un coordinamento tra Diocesi per la formazione continua.
- La valorizzazione del ministero del catechista e dell’educatore come vocazione riconosciuta nella Chiesa.
L’integrazione della formazione missionaria e sinodale con le scelte operative per la Chiesa locale e nazionale rappresenta un passaggio essenziale per una rinnovata evangelizzazione. La sfida è costruire una Chiesa capace di formare e accompagnare le persone in un cammino di autentica testimonianza cristiana.
- Quali altre decisioni sono possibili a livello nazionale/regionale su questo tema?
- Creare percorsi formativi comuni tra le diocesi per una maggiore unità pastorale (proposta regionale dell’IPP).
- Definire linee guida nazionali per superare la frammentazione tra i diversi approcci formativi.
- A quali Uffici, Servizi, Commissioni nazionali/regionali affidare queste proposte?
- Ufficio Catechistico Nazionale.
- Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia.
- Ufficio Nazionale per la Pastorale Giovanile.
- Commissione Episcopale per l’Evangelizzazione e la Catechesi.
- Collaborare con le Commissioni nazionali per la formazione per garantire un approccio coordinato.
- Di quali nuove strutture e modalità di lavoro abbiamo bisogno per realizzare queste proposte?
- Un coordinamento interdiocesano per condividere esperienze formative.
- L’istituzione di un Servizio nazionale per la formazione sinodale, per accompagnare le Diocesi nel cambiamento.
- Quali strutture possono essere accorpate e quali possono essere lasciate cadere tra quelle esistenti?
- Accorpare le iniziative formative, le strutture e i servizi che operano in modo frammentato o dispersivo in un percorso unitario e strutturato.
- Eliminare la rigidità di alcuni modelli catechistici, favorendo maggiore flessibilità, adattabilità, coerenza e sinergia.
Tutto converge verso una sfida unica: formare il Popolo di Dio perché viva la missione e la sinodalità in modo pieno. La formazione non deve essere un semplice trasferimento di nozioni, ma un cammino che trasformi le persone e le renda capaci di portare il Vangelo nel mondo con autenticità e gioia. Questo processo rappresenta la chiave per la fase profetica dei prossimi anni, affinché la Chiesa sia sempre più fedele alla sua vocazione evangelica.
Per una sintesi conclusiva
È emerso chiaro e forte il desiderio che la formazione sia sinodale, comunitaria e condivisa, ma si è sottolineato che per avviare un processo di rinnovamento della comunità ecclesiale occorre una Formazione che sia capace di re-imparare la grammatica umana, al fine di saper cogliere e affrontare assieme agli altri (chiunque essi siano) le sfide comuni che attraversano la storia e la cultura attuali. Occorre creare e custodire una rete tra tutte realtà associative ecclesiali e sociali, superando ogni timore e ritrosia al confronto anche con chi ha prospettive e orizzonti assiologici diversi. Resta centrale attenzionare innanzitutto i vissuti familiari di ogni persona e della famiglia stessa all’interno dell’attuale società, essendo l’esperienza primordiale e originaria di tutti. In questa epoca di transizione, si avverte una diffusa necessità di recuperare i valori condivisi, a dispetto di una narrazione che registra più facilmente individualismo e mancanza di rispetto per la dignità delle persone.
È necessario, inoltre, abitare la transizione senza rigidità. Pur ribadendo l’importanza della cura della propria identità, che è un dono prezioso e irrinunciabile per un vero incontro e confronto, ma occorre condividerla generosamente con l’umiltà di chi sa di offrire un contributo che non necessariamente ne escluda altri. Questo chiede che la formazione sia integrale non solo per i contenuti ma anche per gli atteggiamenti, gli strumenti e il metodo. La formazione deve creare e sostenere uno stile, che sia sempre più conforme a quello di Cristo, che dica innanzitutto con i gesti quello che potrebbe dire con le parole.
Le comunità dei credenti devono fare alcune scelte decise e coerenti a tal riguardo: scegliere di dare continuità alla formazione, rendendola sempre più aperta alle questioni che nascono dalle sfide comuni di tutto il popolo di Dio. È urgente imparare a fare discernimento sui vissuti quotidiani. Perciò è imprescindibile che la formazione sia vissuta tutti insieme: laici, ministri ordinati e consacrati. Inoltre, bisogna che si coinvolgano anche quanti non partecipano abitualmente alle attività ecclesiali.
Resta una domanda che è anche un desiderio: prima di attribuire alla Formazione degli aggettivi che la rendano all’altezza della storia e del Regno di Dio, si sente il bisogno di approfondire la natura stessa della Formazione, che appare tendenzialmente decentrata sull’aspetto cognitivo. È una formazione che è soprattutto informazione. La comunità avverte urgente un cambio di paradigma formativo che abbia i connotati dell’Incarnazione del Verbo. La formazione deve coinvolgere tutte le dimensioni umane e l’intera esistenza di ogni persona, attrezzandola a vivere l’incontro con l’altro nella sua interezza, senza ridurlo alle sue parole o alle sue idee. Cristo ha formato i suoi discepoli (Lc 9,1-6) dando loro forza e potere di compiere dei gesti di cura e di liberazione, senza indottrinarli di idee e argomenti, ma autorizzandoli a incontrare e guarire gli altri. Li ha invitati a fidarsi degli altri tanto da farsi ospitare nelle loro case, facendo dell’accoglienza il discrimine principale per valutare la riuscita della missione. Le esperienze concrete insegnano più di molte lezioni teoriche. Nel servizio si imparano a gestire le emozioni, a comprendere i bisogni altrui e a lavorare in squadra, competenze fondamentali in ogni ambito della vita. Donarsi agli altri rafforza il senso di comunità, aiuta a trovare un significato più profondo nelle proprie azioni e stimola una riflessione sui valori e sugli scopi della propria vita. La formazione incarnata nasce dalla fiducia accordata alla Sua parola che ci invia a fare incontri con la libertà e la gratuità di Cristo, che prima ancora di ospitare gli altri, si è lasciato ospitare dagli altri. L’incarnazione chiede lo svuotamento (kènosi) che è indispensabile non tanto per accogliere gli altri, ma per farsi accogliere dagli altri e condividere un pezzo di strada lungo la quale imparare a vedere la vita con gli occhi rinnovati dal dono dello Spirito Santo (Lc 24).
L’Equipe Diocesana del Sinodo