Dall’archivio dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni Sociali, condividiamo con coloro che hanno conosciuto e amato don Antonio D’Amico, la sua testimonianza di fede e sacrificio, scritta nel sessantesimo anniversario di sacerdozio.
Nel giorno in cui parteciperemo al suo funerale che sarà celebrato dall’Arcivescovo padre Franco Moscone, in Cattedrale alle ore 17, don Antonio ci offre uno sguardo intimo e prezioso nella sua vita consacrata al servizio di Dio e della comunità. Una testimonianza che illumina e ispira, celebrando una vita di amore e vocazione.
1960-2020: I MIEI 60 ANNI DI SACERDOZIO
Intendo celebrare con questo scritto i miei 60 anni di vita pastorale con l’unico intento di lodare il Signore che è stato capace nel Suo immenso amore di trarre dalla mia fragilità cose inusitate. A Lui elevo ogni giorno il mio riconoscente canto di lode insieme alla Sua e mia cara Madre Maria.
Era il 24 luglio 1960 quando mons. Andrea Cesarano, nella cattedrale strapiena di fedeli, mi conferiva l’Ordinazione sacerdotale, unitamente a due miei cari confratelli. Durante il rito, a più riprese, il coro faceva echeggiare il canto polifonico “signum magnum apparuit in caelum”.
Nel mese di ottobre l’Arcivescovo mi inviò, come primo incarico, alla chiesa della Croce con don Mario Carmone, in sostituzione dei reverendi PP. Cappuccini. Nel 1963 la Croce fu eretta parrocchia con don Mario parroco ed io collaboratore. Mi dedicai in modo particolare ai ragazzi e ai giovani con entusiasmo. Era la mia prima esperienza pastorale. Nello stesso mese mi fu assegnato l’insegnamento di Lettere al s. Cuore. Dopo quasi otto anni fui nominato rettore della chiesa s. Domenico con confraternita, e cappellano delle carceri cittadine. A contatto con i detenuti sperimentai che vivevano in una situazione di degrado fisico e morale, in un abbandono ignorato dall’opinione pubblica. Cominciai a capire la verità dell’espressione che “l’uomo non è il suo errore”, pensiero alla base del Progetto CEC (comunità educante con i carcerati), ma una persona con mille sfaccettature tra le quali, molte positive, e che quindi occorre rispettare la dignità di ogni uomo.
Nel 1968 mons. Antonio Cunial, che era in quell’anno amministratore apostolico, mi affidò la guida pastorale della parrocchia s. Maria del Carmine, che accettai. Lascia l’insegnamento al s. Cuore per essere libero nell’adempiere il mio nuovo incarico. Mons. Cunial mi consigliò di iniziare con la visita alle case, cosa che subito feci. Trascorsi gli anni nell’attuare le norme pastorali emanate dal Concilio Vaticano II. Non fu un lavoro facile. Trovai non lievi difficoltà nel cambiare alcune tradizioni, usi inveterati, in quanto difficilmente alcuni riuscivano ad accettare le novità. Il cambio di mentalità esige tempo.
Nell’ottobre 1981 mi allontanai per ubbidienza dalla comunità del Carmine, dopo un’ora di adorazione, silenziosamente, ma senza rimpianto. Era stata un’esperienza che nella gioia e nel dolore aveva realizzato in pieno la mia vocazione di ministro, collaboratore di Cristo, nell’estendere il suo piano di salvezza nello spazio e nel tempo. A Lui il mio grazie senza fine.
Nel frattempo avevo ripreso ad insegnare nella scuola statale. D’estate avevo dei mesi di vacanza e non sapevo come trascorrerli. Pensai allora di mettermi a disposizione di sacerdoti che avessero avuto bisogno di collaborazione. Venni a conoscere che alcune missioni cattoliche all’estero avrebbero gradito una mia collaborazione anche nel periodo pasquale. Così andai a Mulhouse, in tedesco Mülhausen, città francese al confine svizzero-tedesco, quindi a Zurigo e poi in Tunisia. Gli italiani non erano più concentrati attorno alla missione. Ormai le loro dimore erano dislocate nel territorio ed era non sempre facile avvicinarli. L’arcivescovo di Tunisi, divenuto poi Patriarca di Gerusalemme, mi propose di fare un anno sabatico, che declinai. Nel frattempo conobbi mons. Costantino, incaricato per la Pastorale del mare, il quale mi invitò a fare il cappellano di bordo per sostituire quelli che dopo un anno di lavoro avevano bisogno di riposo.
Così iniziai questa nuova esperienza. Le compagnie che mi accolsero durante le crociere furono: Achille Lauro, Costa, SMC. Durante i viaggi ho sempre celebrato ogni giorno l’Eucarestia con qualche persona dell’equipaggio in una piccola cappella. Ma era la domenica il giorno in cui quasi tutti nel teatro vi partecipavano. Era per me veramente festa e diverse volte le particole non erano sufficienti. Terminavo sempre l’assemblea domenicale col canto corale alla Vergine. Allora la nave mi sembrava essere una piccola parrocchia che solcava il mare della vita con Maria verso il porto sicuro del suo Figlio Gesù.
Mi piace ricordare ancora oggi i ragazzi sudamericani, asiatici, che prestavano il loro umile servizio per mantenere il decoro della nave. Tanti erano i loro problemi esistenziali. Li vedevo sorridenti, intenti al loro lavoro, a sera abbracciare tante lattine di birra e consumarle in un angolo oscuro, sotto il cielo trapunto di stelle mentre i loro occhi diventavano lucidi di pianto nel ricordo della casa lontana.
Nel 2000, anno giubilare, dopo 39 anni di insegnamento sono andato in pensione. Da allora ho cercato di partecipare in modo più attivo alla vita della mia Diocesi. Mons. Vailati mi chiamò a collaborare alla causa di Beatificazione di P. Pio. Mons. D’Addario mi impegnò a introdurre i laici nei Ministeri istituiti insieme al Diaconato. E’ stato un tuffo nella realtà diocesana. Ancora oggi ringrazio questi miei Vescovi per la stima che mi hanno dimostrato. Con mons. Castoro si era stretta una fraterna amicizia. Per tutti prego che siano nella visione beatifica del Buon Pastore.
Mi fermo qui per non annoiare qualche paziente lettore. Gli eventi sono tanti. Ne ho citati sollo alcuni come pura cronaca, ma essi hanno un’anima che ha palpitato, pianto, gioito, ma non da solo. Era con me il grande Amico della mia vita, la mia aquila che sulle sue ali mi ha fatto solcare le onde ora placide, ora tempestose di questi 60 anni di vita sacerdotale.
Ha fatto tutto il buon Dio, io ho cercato di acconsentire o dissentire. Ha vinto sempre il suo Amore. Spero che questo sia fino al definitivo incontro con Lui che ringrazio e lodo.
don Antonio D’Amico