SINODO 2021- 2023
Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione
Diocesi Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo
Sintesi lavoro di ascolto e discernimento
INTRODUZIONE
Il processo di consultazione, previsto nella prima fase del Sinodo, ha visto impegnate le singole comunità ecclesiali presenti nel territorio della Diocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, attivate con modalità differenti per raggiungere più gente possibile.
Le modalità utilizzate hanno previsto: consultazioni online, questionari somministrati direttamente in presenza soprattutto per raggiungere gli adolescenti nelle scuole, difficilmente raggiungibili diversamente, colloqui con le famiglie raggiunte tramite i figli che frequentano il catechismo o tramite i servizi Caritas e passeggiate sinodali fatte dall’Arcivescovo, accompagnato da laici e religiosi, nei luoghi della movida. Queste ultime, oltre a destare stupore tra i passanti, hanno confermato la sensazione di una presenza rassicurante tra la gente, abitualmente distratta, a cui ci si poteva avvicinare senza esitazioni per scambiare un saluto, un sorriso e una riflessione su quella che è stata la domanda più ricorrente: “Cosa pensi della Chiesa? Cosa ti aspetti dalla Chiesa del terzo millennio?”
Tra i principali passi compiuti c’è stata anche l’attuazione di prassi di collaborazione tra le parrocchie, specialmente tra quelle presenti in una stessa città. Non è scontato rilevare che questo processo di consultazione ha suscitato esperienze nuove (forse anche uniche!) di confronto e di dialogo tra realtà confinanti ma finora poco stimolate a parlarsi. Arricchente è stata la presenza dei Religiosi/e nel cammino sinodale, con la partecipazione agli incontri organizzati dai diversi Istituti o Congregazioni e agli incontri parrocchiali.
Inoltre, degno di nota è il coinvolgimento di associazioni ecclesiali e non, oltre che di enti locali che hanno sposato appieno l’idea di lavorare assieme.
“Sinodalità” rimanda alla natura sinodale della Chiesa, natura che si esprime anche attraverso la partecipazione e la corresponsabilità dell’intero popolo di Dio e di ciascun fedele nei diversi processi consultivi e deliberativi: l’interesse dei fedeli è stato incoraggiato dal fatto che si sono sentiti chiamati direttamente in causa, anche in un processo decisionale.
La sfida sta nel continuare a mettere in pratica questo stile, una volta iniziato, senza tirarsi più indietro. In ciò, la presenza dei sacerdoti/parroci deve essere quella di ‘moderatori’, ‘sintetizzatori’ delle istanze e delle esigenze emerse dal confronto.
DISCERNIMENTO DEI CONTRIBUTI RACCOLTI
Percepire che la propria opinione interessa alla Chiesa è stata la piacevole sorpresa mostrata da tanti. La prima sensazione registrata, infatti, è stata il piacere di chiunque nell’essere interpellato. Si è notato che esistono non solo divergenti modi di vedere le cose, ma che anche il linguaggio denota un vocabolario diverso. Quindi la consultazione ha messo innanzitutto in evidenza che esiste un divario semantico tra i praticanti e i non praticanti. I contenuti delle osservazioni vertono a volte su questioni reali altre su pregiudizi.
Ad esempio, gli studenti interpellati tramite un questionario, somministrato in tutte le scuole secondarie di secondo grado, hanno accolto la pista di riflessione con un’iniziale diffidenza, dato che pregiudizialmente non hanno simpatia per l’istituzione ecclesiale. Diversamente, gli stessi adolescenti incontrati durante le passeggiate sinodali, si sono mostrati più disponibili al confronto. Si è notato che l’approccio diverso genera reazioni differenti.
Il fatto che la richiesta di ascoltare tutti sia di papa Francesco ha generato, tuttavia, una buona accoglienza della proposta. È stato bello scoprire che tanti aspettavano un’occasione per essere coinvolti, soprattutto tra gli adulti.
Tra le debolezze abbiamo notato i tempi eccessivamente dilatati per mettere in moto il processo e gli ostacoli posti dalla pandemia che hanno reso e rendono difficile l’ascolto ed il contatto diretto tra le persone.
Ovviamente, accogliere gente nuova significa rivedere i criteri di partecipazione, e quindi aumentare i punti di accesso alla vita comunitaria. Sulla fede e la morale, sulla chiesa come istituzione e il suo servizio, sull’accesso ai sacramenti, le idee sono le più diverse e a questo livello sono emerse le maggiori criticità nel confronto.
Un altro elemento significativo rilevato: sentirsi meno ‘parrocchia’ e più ‘Chiesa’.
Spesso alla parrocchia è stato associato un certo sentimento campanilistico per il quale ciascuno era interessato solo all’ambito di vita e di attività della propria comunità di appartenenza, disinteressandosi per lo più a quanto si viveva nelle altre parrocchie. Purtroppo certi eventi vissuti in comune (veglie di preghiera, incontri interparrocchiali…) lasciano il tempo che trovano se non diventano espressione di un camminare insieme più intenso e già avviato. Questi eventi sono importanti, certo, ma sono ancora troppo ‘eventi’. Non sono cioè inseriti in un cammino fatto insieme già condiviso.
Il frutto dello Spirito più importante è quello di aver scardinato le nostre sicurezze e convinzioni e averci predisposto all’ascolto, generando una nuova simpatia tra i partecipanti al dialogo.
Ha rafforzato la consapevolezza di appartenere ad un’unica comunità, che va oltre i gruppi ecclesiali, culturali, civili e che pur con le diverse sensibilità e competenze, può affrontare assieme le tante sfide.
Quindi, il sentirsi parte di una comunità credente più ampia permette di allargare gli orizzonti della propria fede ma anche della partecipazione alla vita della propria città. Il fedele, formato all’ecclesialità/cattolicità nel suo senso più vero, si forma anche al senso di cittadinanza. I cristiani così si sentono abitanti sia della chiesa che della città, membri di una grande famiglia che non è confinata entro le mura della propria parrocchia di appartenenza (sempre importante perché favorisce l’incontro personale diretto con il Signore e con i fratelli) ma che si apre all’accoglienza delle esperienze di tutti.
Un ultimo importante frutto dello Spirito è la maturazione di un sano sguardo di discernimento: ascoltando, raccogliendo vissuti, registrando pensieri, confrontando esperienze, si riesce a capire meglio Dio e cosa Egli chiede a ciascuno di noi.
Aspetto evidenziato e scaturito da questa domanda: “Come potrà il popolo di Dio maturare tale dimensione sinodale, se le sue guide, sacerdoti e vescovi, spesso si muovono in tutt’altra direzione e verso altri modelli di Chiesa?”
Molto significativo è stato l’ottimismo che ha animato gli incontri, infatti i fedeli laici sono molto entusiasti e desiderosi di collaborare, almeno nella dichiarazione di intenti.
CONCLUSIONI
La comunione vera implica apertura al carisma dell’altro e alla condivisione fra le comunità e le varie realtà presenti al loro interno, che rischiano di chiudersi nella propria autoreferenzialità. Grazie allo Spirito Santo è emerso chiaramente che comunità ben organizzate ma chiuse in sé stesse alimentano solo convinzioni, attività e scelte personali.
È emerso che ciò che conta realmente è maturare una vera mentalità sinodale; comprendere che davvero «la Chiesa è costitutivamente sinodale», cioè Popolo di Dio che cammina insieme a tutti: una Chiesa “tra la gente, con la gente” e prima di ogni altra cosa che ascolta e si fa prossima, integrata (non divisa per settori), integrale (nessuno escluso), inclusiva (nessuno ai margini).
Si desidera una comunità capace di interrogarsi sulla strada da percorrere e di scorgere nel presente quei segni di «unità nella diversità» e di «diversità nell’unità» da cui muovere i primi passi, infatti la natura sinodale della Chiesa non può che spingere a realizzare sempre più quel mistero di comunione che è l’essenza della Chiesa stessa, mistero in cui l’unità non scade nell’uniformità ma gode della diversità e in cui la diversità non si trasforma in autoreferenzialità ma si conferma nell’unità.
Occorre perciò guardare oltre il proprio orticello, uscire dall’autoreferenzialità, dalla difficoltà di aprirsi, capire che i confini non sono barriere, ma ponti.
Occorre un rinnovamento che ci renda più concreti nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo per meglio rispondere alle sfide del nostro tempo e metterci con più efficacia al servizio degli uomini e delle donne del nostro ambiente. Urge dunque ripensare la realtà della Chiesa locale, mettendo in discussione prassi e tradizioni ormai stereotipate, per pensare ad un rinnovamento in grado di attuare una comunione più profonda. Il Cammino sinodale deve diventare occasione propizia per una conversione personale e comunitaria, dobbiamo educarci a camminare insieme: laici, sacerdoti e religiosi.
La Chiesa locale deve sostenere gli organi di partecipazione e di corresponsabilità a tutti i livelli. Inoltre, deve sostenere sempre più uno stile sinodale a partire dagli uffici pastorali, stimolando le comunità ecclesiali locali a consultare continuamente tutto il popolo di Dio, a prescindere dal grado di partecipazione alle attività comunitarie. Il discernimento che porta alle scelte finali e definitive deve essere visibilmente il frutto di un processo sinodale, senza temere i tempi lunghi e le strategie più articolate necessari per garantire la partecipazione più larga possibile.
Infine, la Chiesa locale in ogni suo componente deve e vuole partecipare con umiltà e generosità ad iniziative e processi socio-culturali promossi e/o gestiti da altri. Le ultima linee pastorali del vescovo individuano un cammino comune chiaro e verificabile, con scelte concrete delle comunità e dei singoli fedeli.
Crescere nella sinodalità ad intra: scambiarsi opinioni, non far calare dall’alto iniziative già decise in precedenza ma favorire il confronto allargato su di esse (magari promuovendo il dialogo nei consigli pastorali), pratica della pazienza nel gestire situazioni conflittuali, capacità di ascolto umile delle vicende e dei pensieri altrui, accantonamento della volontà di dare per forza (o immediatamente) risposte alle domande che vengono poste.
Crescere nella sinodalità ad extra: collaborazione fattiva con le istituzioni del territorio, presenza coerente e coraggiosa dei cristiani negli ambiti della vita pubblica (politica, amministrazione, economia, …). Dalle consultazioni è emerso che si apprezzano gli interventi della Chiesa, quando riescono a smuovere le coscienze e fungono da collante per superare ostacoli e divisioni sociali.
L’immagine culturale scelta, alla luce del cammino fatto finora, che meglio rappresenta l’esperienza di sinodalità della Arcidiocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, è quella di una grande tavola alla quale sono invitati tutti per mangiare assieme, riscoprirsi famiglia e arricchirsi del proprium di ciascuno. La comunità dei credenti siede tra gli altri come una commensale invitata dalla storia a dare il suo contributo specifico di presenza, di appartenenza e di partecipazione.
La sinodalità rimanda al camminare assieme e solo camminando insieme e incontrando tutti coloro che sono in ricerca, “vicini” o “lontani” che siano, si può essere Chiesa. In questo cammino sinodale la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando quali processi possono aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione e ad aprirsi alla missione.
Equipe Sinodale
Diocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo